La trilogia di Valis

"Alonzo seguì il leprotto bianco giù nella sua tana, ritrovandosi in un mondo fantastico"...
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La trilogia di Valis

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Ci si riferisce alla «Trilogia di Valis» parlando delle ultime tre opere letterarie partorite dal visionario Philip K. Dick prima di lasciare questo mondo: seppure ormai edite in un solo volume in (praticamente) tutto il mondo le tre opere sono state scritte come romanzi a sé stanti. Si tratta di Valis, uscito in USA nel 1981, Divina invasione, pubblicato nel 1982 alla morte di Dick, e La trasmigrazione di Timothy Archer, pubblicato anch'esso nel 1982 con grande fretta come tributo all'autore scomparso. La leggenda vuole che questa trilogia fu completata in una dozzina di giorni, affinando e riordinando pensieri raccolti durante tutta la vita, con l’urgenza di chi sente le ore contate.
I tre libri sono uniti idealmente da qualche sporadico riferimento intertestuale ma nulla di più, essendo concepiti come vicende autonome e non collegate fra loro, ma sono considerati un unico grande affresco della filosofia di Dick sul tema della religione e della indeterminabilità della realtà (pericolosamente ricorrente nelle sue opere). Lungo tutto il dipanarsi delle vicende raccontate dai tre romanzi l'autore alterna momenti di puro non-sense ad intricate elucubrazioni sulla realtà percepita (facendo una netta distinzione tra i punti di vista di Horselover Fat protagonista e Horselover Fat narratore, che scrive "in terza persona per amore di obiettività"). Così, mentre il lettore rischia di smarrirsi in un elaborato e convulso stile letterario, Dick racconta della sua visione della realtà lasciandosi dietro un concetto modernissimo e pericolosamente plausibile: "la natura dell’universo è l’informazione" e pertanto siamo tutti degli idioti. "Il significato originale della parola “idiota” è privato. Ciascuno di noi è diventato privato, non partecipa più al comune pensiero del Cervello, tranne che a livello subliminale"; rivela nelle pagine del primo volume il protagonista Fat. Pur senza mai afferrare quell'idea che gli ronza in testa grazie all'esaurimento nervoso ed allo smarrimento causati dall'uso di acidi (droghe) negli anni del college, Horselover tesserà una intricata tela di ragno, con i suoi ragionamenti, attorno al dilemma finale dell'Uomo: viviamo davvero - viviamo quindi la realtà - oppure siamo vittime di una illusione?
Tutto il volume ripercorre queste tematiche affrontando in modi grotteschi ed acuti la genesi del pensiero finale del Dick uomo (e poi scrittore), perduto definitivamente nella paura di essere intrappolato in una finzione che gli nascondeva la realtà, semmai ne esistesse una. Specialmente in Valis, dietro al cui protagonista Fat è facile individuare proprio Dick, si intravedono degli stralci di paranoia ed ossessione per il concetto finale di realtà e per quel temuto misticismo che faceva (e fa tutt'ora) da salvagente per il piccolo, insignificante Uomo. La sua celebre annotazione «mi sembra di vivere sempre di più dentro i miei romanzi […] sto perdendo contatto con la realtà? O forse è la realtà a scivolare verso un certo tipo di atmosfera alla Philip Dick? […] Sono io il responsabile?», significativo pensiero ritrovato nel mare dei suoi appunti lascia intuire che le misteriose "apparizioni mistiche" del 1974 che trasformarono la sua vita e salvarono il figlioletto da morte certa non lo abbandonarono mai nel profondo del suo essere perseguitando la sua fantasia ed il suo raziocinio fino alla fine dei suoi giorni.
Se tutto questo vi sembra intricato lasciate perdere questo visionario e soffocante interrogativo lasciato da Dick come testamento ai posteri e dedicatevi ad altro. Se avete voglia di perdervi in queste riflessioni così ardite eppure così spaventosamente plausibili avvicinatevi a Valis sapendo che potrebbe essere più di una fantasiosa idea letteraria di un eclettico autore di sci-fi, ben più di una semplice astrazione...
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