L’ammazza Kickstarter

Il crowdfunding è una fantastica invenzione, nulla da dire. Forse siamo di fronte addirittura alla migliore innovazione nel campo dell’industria degli ultimi venti o trent’anni. O forse dovrei scrivere è stata una fantastica invenzione… Ha consentito, nella sua breve iperbole di successo, a moltissimi creativi di presentare le proprie idee direttamente al mercato, eliminando le lungaggini e le difficoltà di pitching, finanziamento, presentazione e ricerca di mercato. Ai consumatori ha permesso, al tempo stesso, di influenzare direttamente lo sviluppo delle creazioni e di tagliare le gambe a quegli stupidi ragionamenti fatti sulla base di una statistica poco attendibile. Grazie a questo fenomeno, infatti, abbiamo potuto confutare alcuni degli assunti più consolidati dell’industria videoludica riprendendo ad esempio la via delle avventure grafiche vecchio stile. A dimostrarlo sono i fatti: finanziamenti e copie vendute, non qualche studio di marketing che sentenzia “questa roba è fuori moda“.

Fin qui tutto bene: in linea di massima questo è il principio su cui si basa il crowdfunding. Ma ovviamente si tratta solo della parte visibile dell’iceberg, il meccanismo nel suo intero è più complesso. Innanzitutto Kickstarter si fonda sul finanziamento delle idee, non sulla loro realizzazione. Inoltre c’è da considerare che l’effettiva capacità di concretizzare le idee non si accompagna così frequentemente ad una mente geniale e questo aspetto, non immediatamente valutabile, ha un ruolo preponderante nella produzione di un oggetto finito ma molto minore nell’ecosistema di finanziamento. Tra un’idea interessante sulla carta e un prodotto tecnicamente ben realizzato c’è di mezzo ben più che il proverbiale mare.

Questo mi porta ad evidenziare che c’è una certa distanza tra il modo in cui molta gente vede Kickstarter e ciò che Kickstarter effettivamente è. Kickstarter permette di esprimere un interesse in un prodotto e quantificare il proprio apprezzamento per l’idea donando ai creatori del denaro sonante per aiutarli nella creazione. A seconda di quanti soldi si donano, a sviluppo terminato si può ricevere come riconoscimento della fiducia accordata un benefit o un prodotto …e magari qualcosa di non esattamente finito, come una copia tech-sample del gadget elettronico o una versione “limitata” (che poi magari si rivela un bozza) del gioco da tavolo. Il tutto, poi, è sempre soggetto fattibilità del progetto ed alla sua realizzazione pratica. Il noto servizio, dunque, non è altro che questo. Filosofia molto americana, risultato premiante per gli investitori “coraggiosi”. Molti utenti, invece, continuano a vivere sull’equivoco che si tratti di una sorta di “Amazon per prodotti in prenotazione, che ancora non sono in commercio“, un servizio di pre-order per giochi dalla release futura, che consente anche di spingere i developer nelle proprie direzioni preferite. Naturalmente, questa visione causa molte lamentele e delusioni ogni volta che un progetto non viene completato nel modo previsto, e sebbene questo malinteso sia spesso colpa degli utenti che non hanno ben inquadrato la situazione, va detto che parecchie campagne Kickstarter di alto profilo sembrano assecondare questa visione del “pre-order”, senza curarsi di chiarire l’equivoco.

Questi problemi pratici del crowdfunding sono le ragioni per cui anche i più entusiasti sostenitori dell’idea si aspettano che l’intero fenomeno possa andare incontro ad una brutta battuta d’arresto nei prossimi anni. Che diversi progetti di alto profilo e con un forte finanziamento alle spalle finiscano per fallire completamente, mancando la release, oppure per uscire in uno stato inaccettabile che deluda completamente i consumatori che vi hanno investito fondi. Questo ovviamente porterebbe a polemiche e lamentele ma soprattutto al diffondersi di un sentimento di diffidenza e scetticismo nei confronti del crowdfunding.

L’idea che finanziare un progetto sia una specie di “pre-order” sparirebbe per lasciare il posto ad una reazione con buona probabilità esagerata nel senso opposto, ossia il diffondersi della sensazione che Kickstarter sia una piattaforma del tutto rischiosa e inaffidabile. In realtà, una via di mezzo tra le due cose non sarebbe male: una valutazione più seria e attenta dei rischi intrinseci del crowdfunding renderebbe il pubblico più attento nel fare le proprie decisioni su quale progetto finanziare o meno. Esagerare però con le paure e la prudenza potrebbe portare al prosciugamento dei fondi e dunque al fallimento di numerose campagne sinceramente valide ed interessanti, soprattutto quelle lanciate dai creatori più piccoli e meno famosi. In questa direzione vanno altre piattaforme, come la nota indiegogo: la filosofia è molto più europea (l’azienda nasce in Inghilterra) ed anche il meccanismo di funding ha delle garanzie.

Fino ad oggi la maggior parte dei progetti più popolari, e dunque più a rischio “fallimento clamoroso”, sono andati a buon fine. Alcune campagne e soprattutto il modo con cui sono state gestite dopo il finanziamento hanno attratto qualche critica, certo, ma non si può certo arrivare ad affermare che ci sia una parte dei kickstarters che lavorano meno duramente per creare quanto promesso solo perché arrivati positivamente in fondo alla campagna, come non si può negare che moltissimi dei prodotti finali sono di buon livello. Wasteland 2, ad esempio, ha subito un ritardo di circa un anno ma al momento dell’uscita si è rivelato un gran gioco, così come Shadowrun Returns anch’esso latitante di informazioni in un certo momento storico. Ancora meglio ha fatto Elite: Dangerous, dopo uno sviluppo complicato e qualche difficoltà sta finalmente raccogliendo successi e consenso grazie all’approvazione degli appassionati della serie (e non solo).

Ma tra tutte le storie andate a buon fine ce ne sono alcune che proprio non hanno brillato. Una delle peggiori è quella di Godus, interessante progetto del già chiacchierato sviluppatore 22cans che è stato finanziato con quasi 800 mila dollari. Dal 2012 ad oggi il gioco ha vissuto un faticoso sviluppo e continuando a raccogliere quattrini da Steam, dove il gioco è in Early Access da anni (probabilmente detiene un record assoluto in tal senso) e anche ad un occhio poco critico è palese che sia ben lungi dall’essere ultimato. La cosa buffa è che il team principale di 22cans ha spostato la propria attenzione su un nuovo progetto, intitolato The Trail, lasciando l’incerto titolo nelle mani di pochi programmatori (che pare siano anche i meno brillanti). Il team ridimensionato sta sicuramente facendo del suo meglio ma con ogni probabilità manca delle risorse necessarie per raggiungere l’ambizioso obiettivo che inizialmente era previsto per il progetto.

Godus, quindi, trasformarsi nella proverbiale goccia che fa traboccare il vaso sia per la carriera del controverso Peter Molyneux sia per la fiducia nei confronti del crowfunding: la reazione alla scoperta, da parte di Rock Paper Shotgun, che il team di Godus è stato ridimensionato anche se il gioco non presta ancora fede alle promesse iniziali della campagna Kickstarter è stata molto dura. Utenti e giornalisti hanno fatto fronte comune disprezzando la politica dell’azienda e ingolfando pagine e pagine del web con commenti e riflessioni sulla pratica del finanziamento. Se l’immagine di Molyneux sembra essersi trasformata da quella di un game designer forse poco affidabile ma appassionato e sincero, a quella di un personaggio disonesto e poco trasparente quella di Kickstarter rimane in bilico e forse riuscirà a restare in piedi.

Il Godus-affair ha avuto un impatto tremendo sulla carriera di Molyneux, questo è certo, e sarà interessante valutarne gli effetti a lungo termine (magari anche per 22cans). Quel che bisognerà valutare ancora più attentamente sono le ripercussioni che la vicenda sta avendo/avrà sull’intero fenomeno del crowdfunding: Godus è stato finanziato da quasi 20k persone, fiduciose di spendere il loro denaro per aiutare uno-che-di-giochi-ne-sa-fare a creare il nuovo Populous, e dire che sono state deluse è poco. Hanno buttato via i loro soldi, questo è un dato di fatto. E attraverso i social e gli articoli di testate specializzate, su blog e forum, la loro delusione ha raggiunto una pletora di potenziali finanziatori, le conseguenze sul fenomeno crowdfunding non possono essere positive.

Il solo Godus, ovviamente, non ribalterà totalmente il modo in cui il pubblico vede il crowdfunding. Si tratta però di un anno davvero delicato, questo, in cui la spinta dell’entusiasmo è ormai perduta e molti progetti di un certo calibro verranno chiusi (come non citare il mostro sacro Star Citizen). Se anche uno soltanto tra Planet Centauri, Microduino, Project Cars o Camelot Unchained dovesse fallire, le ripercussioni sarebbero indubbiamente notevoli.

Come da suggerimento di giupmat vi rimando ai commenti qui.