Una bella bevuta!

Dove eravamo rimasti? Ah, sì! Ora ricordo.

I miei pensieri sotto la doccia si rivolgono improvvisamente al programma denso di appuntamenti che ci aspetta nei giorni successivi ed a quello che potrei perdermi fino al mio ritorno, previsto per l’estate 2013 o la primavera 2014: dopo aver sfiorato il Kiasma senza visitarlo ed essere stati frettolosi nella visita alla Uspenskin katedraali mi sembra eccessivo perdere anche l’appuntamento con lo Zetor, il pittoresco ristorante/disco/pub il cui nome deriva dal celebre marchio di trattori cechi figli dello sforzo comunista della grande Unione Sovietica. Così, uscito dalla rigenerante doccia calda, lascio saggiamente la mia compagna di viaggio al meritato riposo (mi sta comunque sopportando, poveraccia: c’è sempre una parte della storia che non conoscerete…) e torno in strada deciso a prendere finalmente contatto con la vita notturna del luogo; scopro che ci sono ancora autobus e tram in circolazione ma preferisco fare l’ennesima passeggiata per visitare la parte est della città, percorro Aleksis Kiven katu per imboccare Unioninkatu e poi finalmente Mannerheimintie, il viale che attraversa la città da nord a sud, per raggiungere questo posto che ha solleticato la mia curiosità. Raggiungo l’edificio indicato dalla city opas, la guida cittadina, e con un po’ di difficoltà trovo l’ingresso del locale.

Una volta dentro scopro un’atmosfera davvero unica …e non tanto perché siamo in Finlandia, ma proprio perché pur essendomi preventivamente informato non credevo che il posto potesse essere così marcatamente bi-folk-pub! Definirlo country mi sembra riduttivo: sembra quasi una caricatura di quegli agriturismi in stile… Il locale è pieno di ogni sorta di attrezzo ed oggetto che fa riferimento allo stile di vita campagnolo: animali imbalsamati, zappe, vanghe, racchette da sci, pentole e tegami, pollai e trattoritrattori?! Sì, trattori, avete letto bene, ce n’è persino uno adibito a bancone del bar! Ovviamente tutti Zetor. Al centro della sala domina un trattore degli anni Trenta o Quaranta giallo e verde che fa bella mostra di sé per gli astanti accomodati ai tavoli che lo circondano. Uno spettacolo a dir poco insolito. Le mie narici, intanto, fanno l’incontro con un pittoresco luogo che odora di alcohol e di cibi insoliti, inconfondibilmente nordici.

Zetor-2

Saluto il pompato buttafuori che mi squadra da capo a piedi con il finnico “hei” e questi non mi degna di un cenno, ma non appena tiro fuori la fotocamera per avere un ricordo di questo posto mi si avvicina e, toccandomi gentilmente una spalla, e mi rivolge un brusco “No photo”. Ecco, questo è il momento in della vacanza in cui ho avuto seriamente paura di prenderle. Superato l’imbarazzo mi scelgo un posticino in un angolo, un po’ intimidito dal fatto di essere solo e limitato nelle comunicazioni dalle ovvie barriere linguistiche, prendo il menu, del formato e della consistenza di un quotidiano,  e scopro che potrei mangiare una varietà di piatti tradizionali oltre a bere qualunque alcoholico di cui abbia notizia. Dopo un largo uso di Google translate, tra l’altro, scopro che il menu è tradotto in varie lingue… Attratto dal sidro alla spina, di cui ho fatto largo consumo per tutta la settimana, scelgo una pinta di Tuorlan Siideri (mi sembra il nome fosse questo) e mi godo il traffico di gente che popola il locale …per fortuna è la serata delle chiacchiere: la parte disco sembra essere ferma.

Zetor-1

Sono da solo, seduto ad un tavolo troppo grande, con un’insegna luminosa che dice “turista”, fortunatamente  per la mia dignità nessuno prova ad attaccare bottone con me per scoprire quanto sono asino in lingue differenti dal lauriota. È ovvio che con questi presupposti necessito di un secondo giro, no? Dopo un po’, senza nessuno con cui parlare, ci si annoia: conoscete i miei ritmi di bevuta e sapete che se non perdo tempo chiacchierando posso diventare pericoloso… sono un animale sociale, io! Eppure quando sto per decretare la fine della serata al termine del contenuto del mio secondo bicchiere sbucano fuori una decina di ragazzi, con facce e colori decisamente nordici, che si siedono al mio tavolo chiedendomi qualcosa in una lingua sconosciuta (non mi è sembrato finlandese, ma ovviamente non sono così ferrato da riconoscerlo al primo ascolto). Il tipo più vicino a me, che parla un inglese piuttosto vago (quindi anche più comprensibile, per certi versi) mi chiede che cosa sto bevendo: nasce un’amicizia! Il primo giro è sidro per tutti, seguono il mio esempio, e quando brindano tutti insieme mi sollecitano ad unirmi con gesti inequivocabili. Nonostante sia ormai tardi riescono comunque a farsi portare del cibo e quindi buttano giù la frizzantina bevanda con nonchalance.

A quel punto, grazie all’alcohol che ci rende tutti più gioviali, offro un giro di sidro per tutti provando a farlo capire, senza successo, anche ai miei “commensali”. Soltanto alla vista dei numerosi boccali capiscono che non posso scolarmi di botto tutto quel sidro da solo mi ringraziano a modo loro insegnandomi la parola equivalente del nostro prosit/salute, per brindare meglio insieme. Da lì in poi i ricordi si annebbiano…

Per fortuna sono riuscito a ritornare in albergo senza smarrirmi …e pure ad un orario tale da permettermi le mie brave tre o quattro ore di sonno.

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